La riforma del lavoro è andata in porto. E adesso? |
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21 dicembre 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||
Dopo l’approvazione dei decreti delegati di settembre la riforma è stata in teoria completata ma resta il passaggio costituzionale che punta a rivedere radicalmente le competenze dello Stato e delle Regioni. Nell’attesa di questo passaggio dovrebbe essere possibile iniziare a razionalizzare l’azione pubblica nel campo delle politiche del lavoro facendo tesoro delle nostre esperienze (ad es. la sperimentazione in corso della Garanzia Giovani), fatte di luci ed ombre, e di quelle altrui che se non sono trasferibili sic et simpliciter possono essere tenute in debito conto nella ridefinizione della governance. Molte questioni restano aperte ed alcune sono dirimenti. Quale è l’assetto delle competenze e delle funzioni più conveniente? Quale ripartizione ottimale di compiti tra Stato Regioni ed enti locali, tra centro e uffici locali? Come bilanciare l’esigenza di coordinamento complessivo delle politiche del lavoro con l’esigenza di dare risposte alle esigenze dei diversi contesti territoriali? Quale spazio riservare alle misure di attivazione ivi compresa l’organizzazione di lavori pubblici per i disoccupati di lunga durata? Come variare il policy mix in relazione al ciclo economico? Qualche riflessione senza la presunzione di essere esaustivi.
L’architettura: chi fa che cosa Non esiste l’architettura ideale. Il fatto che un modello funzioni dipende da diversi fattori: il disegno d’insieme dei servizi, il contesto, la quantità e qualità delle risorse messe in campo, professionali e materiali. L’opinione prevalente è che la centralizzazione mitigata da un certo grado di autonomia della rete territoriale possa essere un assetto conveniente sotto diversi profili (vedi BOX 1). Il decentramento di tipo istituzionale che comporta una devoluzione delle competenze chiave alle “nazioni” interne può essere una risposta quasi obbligata in determinati contesti (vedi Belgio e Spagna) ma presenta delle criticità (vedi BOX 1). In Spagna e in misura inferiore in Germania. si segnala la compresenza di servizi pubblici per l’impiego statali e regionali / locali. Troviamo una molteplicità di attori in Francia dove all’agenzia generalista Poles Emploi si aggiungono le Missions locales che guardano al gruppo target degli under25 mentre in Polonia la situazione è rovesciata con le municipalità che gestiscono il servizio pubblico generalista e una struttura nazionale si occupa di giovani.
BOX 1
Ruolo delle municipalità Nei paesi dell’Unione osserviamo un ruolo crescente delle municipalità anche se le funzioni svolte (PES, erogazione trattamenti di disoccupazione di 2° livello, organizzazione di ALMP, programmi assistenziali, etc.) sono diversamente combinate da paese a paese. Nel Regno Unito, in Olanda e in alcuni paesi dell’Est Europa le municipalità hanno parte attiva nell’organizzazione, d’intesa con i PES, dei programmi di lavoro pubblico. rivolti ai disoccupati di lunga durata. In Italia, con il Decreto Legge 78 convertito nella L. 125 dell’agosto 2015 la competenza in materia di politiche attive è passata alle Regioni.
Integrazione delle funzioni Nei 2/3 dei paesi dell’Unione i servizi pubblici dell’impiego erogano anche i trattamenti di disoccupazione su base assicurativa (1°pilastro) mentre nel terzo restante operano strutture distinte. Nei paesi scandinavi la gestione dei trattamenti di disoccupazione è prerogativa delle casse di disoccupazione gestite dalle organizzazioni sindacali ma allo Stato resta un ruolo di garanzia e di gestione residuale (prestazioni ai non iscritti).
Servizi pubblici e / vs servizi privati dell’impiego I servizi privati accreditati (ES) restano i soggetti più adatti a promuovere l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro. anche in regime di mobilità territoriale. Nonostante la crescente importanza delle agenzie private non esistono paesi in cui i servizi pubblici sono stati sostituiti dai servizi privati. Resta da chiarire se determinati servizi debbano essere riservati al pubblico e quali servizi convenga affidare ai privati. In diversi paesi le agenzie private che collocano i disoccupati di lungo periodo affidati a bando beneficiano di bonus di risultato modulati in relazione alla tipologia contrattuale, alla durata dei rapporti di lavoro, alla retribuzione e al tempo di placement.
Risorse professionali Non vi è dubbio che le risorse messe in campo nel nostro paese per le politiche del lavoro a diverso titolo siano scarse. Basta confrontare la quantità di operatori front e back office con quelli delle tecnostrutture di Poles Emploi, Bundesagentur fur Arbeit e Job Centre (all’interno del Department for Work and Pensions). Tenendo conto delle funzioni effettivamente svolte e della taglia demografica il rapporto Italia-Regno Unito è circa 1 a 2, quello Italia-Francia circa 1 a 5 e quello Italia Germania 1 a 7. In Italia c’è anche un problema di qualità delle risorse professionali quelle disponibili (considerando anche le prossime uscite per pensionamento) e quelle che servono per lo svolgimento dei compiti specifici. Dopo il decreto legislativo 150 dovranno essere attuati processi di mobilità del personale verso i servizi pubblici dell’impiego (“front e back office”), da / verso le funzioni di staff nel Ministero del lavoro e nel quartier generale delle Agenzie / Enti pubblici progettando interventi appropriati di formazione ma questo richiede che il nuovo processo sia chiaro anche nei dettagli.
Sistema informativo e attività di monitoraggio e valutazione Tutti i paesi dell’Unione attribuiscono un’importanza crescente all’informazione statistica. I dati amministrativi sono decisivi Il sistema informativo statistico dei PES è un punto cardine della riforma italiana del lavoro. Sarà unico e dovrà contenere informazioni aggiornate sui soggetti, sul loro score lavorativo, sulla partecipazione ad eventuali interventi di politica attiva, sui periodi di godimento di eventuali prestazioni a sostegno del reddito, sui risultati delle verifiche periodiche effettuate dai servizi. La compresenza di sistemi informativi gestionali diversi a livello territoriale e / o la comunicazione difficile tra le istituzioni responsabili delle diverse “zone” delle politiche del lavoro non agevola l’allestimento di politiche e misure adeguate e la loro manutenzione nel tempo. Integrazione tra politiche del lavoro e politiche sociali Nell’ Unione prevale la separazione tra schemi assicurativi per la disoccupazione di breve periodo e tutela economica dei disoccupati di lungo periodo. I primi sono generalmente gestiti dallo Stato, la seconda, muovendo sulla frontiera tra politica del lavoro e lotta alla povertà, chiama frequentemente in causa la responsabilità e il cofinanziamento dei livelli locali.
Una proposta per la fase di transizione che potrebbe essere valida anche dopo……. Nella fase di transizione verso il nuovo assetto costituzionale e comunque fino a quando il sistema delle politiche del lavoro non diventerà pienamente operativo potremmo provare a far funzionare meglio l’attuale “spezzatino” di competenze. Condizione necessaria, anche se non sufficiente, è che tutti gli attori cooperino e siano disposti a dare conto della propria azione di policy accettando di essere valutati dalla collegialità secondo una procedura condivisa. Il modello potrebbe essere quello del “semestre europeo”. Le Regioni illustrerebbero le proprie priorità in una sede adeguata - ad esempio una sessione ad hoc della Conferenza Stato-Regioni - dando conto dell’impegno, delle risorse impiegate e dei risultati conseguiti. Si misurerebbero i progressi e i ritardi dell’azione pubblica attraverso esami paese, revisioni tematiche puntando a valorizzare le buone pratiche sulla base di indicatori concordati. Come nel processo Semestre Europeo che prende le mosse ogni anno proprio in questi giorni con la diffusione dell’Annual Growth Survey da parte della Commissione la liturgia “domestica” partirebbe dall’ individuazione delle priorità-paese e concorrerebbe alla definizione della strategia nazionale. Fin qui nulla di nuovo visto che il piano nazionale di riforma trasmesso a Bruxelles insieme al programma di stabilità è una prassi a regime perfezionata nel corso degli anni. Il passaggio innovativo, sulla falsariga di quello che avviene nel semestre europeo, sarebbe la previsione di raccomandazioni alle singole Regioni sul modello delle Country-specific Recommendations del Consiglio Europeo che le Regioni dovrebbero tenere in debito conto nell’esercizio successivo.
BOX 2
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