L’istituto
della deroga ai contratti collettivi nazionali di lavoro è stato
interpretato allo stesso modo dai sindacati, che l’hanno subito
marchiato come grimaldello per peggiorare salari e condizioni di
lavoro. Eppure lo stesso Loy, segretario confederale Uil, nel
descrivere la filosofia dell’insieme dei moduli legislativi del
Jobs Act, ha evidenziato che l’istituto della deroga vi è ben
presente. Le rappresentanze sindacali in teoria in qualunque azienda,
o distretto o categoria potrebbero annullare gli effetti
dell’eliminazione dell’art.18, se ottenessero dai datori della
controparte un indennizzo a fronte del licenziamento più alto di
quanto previsto dalla legge. Come sempre, si tratta di rapporti di
forza. Rapporti che al momento vedono sindacati e lavoratori più
deboli ma che domani potrebbero cambiare. La deroga, istituto fondato
sull’accordo tra azienda e lavoratori, porta a regole differenti
che possono essere pejus o mejus del Ccnl di riferimento. La deroga
nel 2011 fu al centro del dibattito sindacale e politico, a causa del
conflitto Fiat-Fiom. La categoria dei metalmeccanici Cgil intendeva
bloccare ogni dialogo con il leader automotive essenzialmente non
riconoscendo le nuove forme contrattuali riformate nel 2009 ed
inizialmente non riconosciute da Cgil. La Fiat minacciava di
imboccare la strada, poi effettivamente intrapresa, del contratto
aziendale fuori da Finmeccanica e Confindustria. Nell’estate nella
legge Tremonti (Dl
138/2011, poi Lg. 148/2011), l’art. 8 del Titolo III, redatto dal
ministro del lavoro Sacconi dava la possibilità, alle parti sociali
rappresentative di stipulare accordi completamente deroganti alle
norme generali sul lavoro ed ai ai Ccnl di categoria. Questi nuovi
contratti collettivi di prossimità, aziendali e\o territoriali,
venivano sostenuti anche finanziariamente.
La leggina
era l’ennesimo aiuto dato alla Fiat, ed anche a Cgil, per uscire da
un contrasto distruttivo che stava consumando ogni dialogo sindacale
in tribunali, referendum, delegittimazioni, caccia alle sigle ed alle
rsu considerate filoaziendali. Era però anche, in linea con il
pensiero dei politici esperti di lavoro, un tempo aderenti o vicini
alla Cgil e poi passati a posizioni liberali ( a Sacconi, possiamo
accostare Cazzola ed anche l’ideologo del Job Act, Ichino) che
vedevano l’esigenza
della deroga per salvare
imprese e posti di lavoro, nel contesto di 6
anni di crisi che hanno imposto una disperata ricerca di soluzioni
alla caduta libera di fatturati e di occupazione, ancora non
risollevatisi.
La leggina
peraltro riprendeva, ma con forte accelerazione concreta, l’impegno
dell’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra Confindustria,
Cgil, Cisl e Uil (poi seguiti da Ugl) che prevedeva contratti
aziendali derogatori del Ccnl vincolanti per tutto il personale in
forza e per tutti i sindacati rappresentativi operanti all’interno
dell’azienda. Poi l’Accordo Interconfederale del 28 giugno 20112
tornò indietro all’accordo interconfederale del 1993 ridando
centralità alla contrattazione nazionale, lasciando solo una
funzione di delega integrativa alla contrattazione decentrata. Cgil
incassò l’aiuto senza che questo servisse a recuperare la
contestazione interna della Fiom, ma si scatenò con un solitario
sciopero generale contro la mina dell’art.8 del
ministro del governo di destra, accusandolo di voler eliminare
l’art.18 dello Statuto.
Quando la legge Tremonti sulla
manovra fu definitivamente approvata e pubblicata sulla Gazzetta nr.
216 a settembre, l'art. 8 rimase, accompagnato però dall’ordine
del giorno nr. 103, a firma dell’attuale sottosegretario Damiano
che impegnava il Governo a rivedere l'articolo in particolare per
rappresentanza e licenziamenti. Damiano che poi avrebbe votato per il
Job act si stracciava le vesti contro i
contratti di
prossimità che
mettevano in
discussione l’efficacia dell’articolo 18 dello Statuto dei
lavoratori. L’Odg
impegnava il Governo ad
adottare iniziative normative conformi agli indirizzi, ai contenuti e
alle finalità dell’accordo del 28 giugno 2011 tra le parti
sociali.
A settembre
Cgil, Cisl e Uil
rivisitarono l’accordo di giugno con Confindustria ed in
quell’occasione stabilirono a livello apicale la non applicabilità
nelle aziende della leggina Sacconi. Peraltro, il precedente consenso
sindacale alla deroga si era nei fatti svuotato per il collegamento
alla misura della “rappresentatività”, processo a tutt’oggi
dopo un lustro non operativo, impacciato dalla passività negativa
delle istituzioni, nel balletto tra Cnel ed Inps, e delle imprese
aderenti a Confindustria, ma anche dalla stessa Cgil essenzialmente
contraria ad ogni diminuitio del Ccnl.
La misura
della rappresentanza ancora non c’è malgrado tanti accordi
firmati. Invece il contratto di prossimità ed il suo carico
derogante sono rimasti legge. Non diminuendo le difficoltà dei
mercati, il veto posto dalla loro applicazione da Angeletti, Bonanni
e Camusso ha cominciato a fare acqua da tutte le parti.
Alla mantovana Golden Lady, per
esempio la categoria tessile chimica Cgil, la Filctem, con Uilta
(oggi Uilcem) Uil e Femca Cisl, nel settembre 2012 adottò l’art.8
per 1.200 commesse, che avrebbero dovuto dopo le norme Fornero,
recedere dal contratto in partecipazione per un normale tempo
indeterminato ma che rischiavano il licenziamento. Così la
partecipazione (istituto di lavoratori para autonomi, inquadrati come
soci aziendali e con minori garanzie su contributi, ferie e altri
costi, rispetto ai cocoprò) fu prorogata di un anno. Si noti che si
trattava della stessa Filctem che l’anno prima aveva stigmatizzato
come l’accordo della vergogna quello concluso dalle rsu
nell’azienda Haupt Pharma di Latina che intendeva prolungare nel
tempo i contratti di lavoro a termine dei lavoratori
consenzienti, derivanti
dal trasferimento di ramo d’azienda della Pfizer Italia, derogando,
oltre che dalle nuove norme, anche dalla lg. 368/2001. Così a
protestare contro l’intesa fatta anche dalla Filctem con lo
strumento della deroga è rimasto il sindacato Cgil dei precari.
La vicenda della Golden Lady era
comunque un caso molto difficile, per la volontà societaria di
delocalizzare. I
160 dipendenti il dello
stabilimento Golden Lady di Gissi sono
stati licenziati dalla
subentrante New Trade nel 2013 nel
fallimento della riconversione.
L’altra subentrante Silda è andata fallita
dopo aver ingoiato la buonuscita dei dipendenti per il rilancio. Alla
Golden Lady di Basciano
sono salvi i reparti di
tessitura e cucitura, 30
macchine sufficienti per i 334
dipendenti con
solidarietà
impostata
sul 50% di riduzione.
Le altre 80 macchine ex Omsa
di Faenza sono in
Serbia. Per Angelini
della Uil e gli altri
sindacalisti « si inizia a individuare un cambio di tendenza”.
Nessuno cita più le
strane deroghe.
Anche alla società Midi di
Aprilia ed alla società bresciana Buschese, entrambe del setore
dolciario
vengono firmati accordi con
riferimento esplicito all’articolo 8 del Dl 138/1 mentre quello
dello stabilimento di Haupt Pharma di Latina utilizza lo strumento
del contratto di prossimità, senza citarlo. derogando, di comune
accordo con le organizzazioni sindacali, importanti materie del
contratto nazionale al secondo livello. Poi Federlazio,
l’organizzazione provinciale che a Latina fa capo alla Confapi,
cerca di concludere con i sindacati un accordo quadro che consenta di
utilizzare l’articolo 8.
Nel 2013 il
contratto di prossimità finisce in tribunale, a quello di Venezia.
L’imputato è una cooperativa sociale che ha ridotto orario di
laoro e stipendio a 80 lavoratori , derogando alla disciplina legale
e collettiva. La sentenza 583 del 24 luglio /07/13) dà ragione alla
coop Aurora confermando l’efficacia del contratto in deroga.
Nell’interpello 30/2014 il Minlavoro ha ristretto le variazioni
rese possibili dalla contrattazione
di prossimità
al rispetto del limite
del 20% di lavoro a tempo
determinato in un parametro medio temporale (i contratti di
prossimità non possono rimuovere del tutto i limiti
quantitativi previsti
dalla legislazione o dalla contrattazione nazionale, ma
esclusivamente prevederne una diversa modulazione). Ha riconosciuto
che i contratti di prossimità possono derogare
ai limiti quantitativi,
senza rimuoverli.
La tutela
comunitaria ex direttiva 1999/70/CE del 1999 non considera i limiti
quantitativi in difesa del
contratto a tempo indeterminato.
Infatti, la tutela comunitaria
del tempo indeterminato è data dal termine limite dei 36 mesi del
tempo determinato individuale, come da D.Lgs. 368/2001, art. 1. I
Consulenti del lavoro hanno contestato la posizione di Minlavoro che
risulta in contrasto
con il famoso art. 8, con l’accordo quadro europeo Ces, Unie e Ceep
sul lavoro a tempo determinato e con la direttiva europea 1999/70.
Nel marzo
2014 le parti sociali del settore alimentare pugliese (
Confartigianato Imprese, CNA, Casartigiani, CLAAI e FLAI-CGIL,
FAI-CISL e UILA-UIL della Puglia) nel sottoscrivere il CCL regionale
Alimentazione-Panificazione hanno introdotto il Premio Regionale per
Obiettivi, suddiviso in due tranche disconnesse e indipendenti, di
eguale valore, che secondo Adapt, è tema ontologicamente
appartenente alla contrattazione di prossimità. La disposizione
tiene conto della specificità rappresentata dagli esercizi
commerciali (rientranti
nelle imprese non artigiane del settore alimentare sotto i 15
dipendenti), per i quali occorrerà aver riguardo all’andamento dei
corrispettivi come individuabile dagli scontrini fiscali anziché
quello del fatturato. L’ultimo caso riguarda il lavoro in Expo dove
il Forum Diritti Lavoro ed
Usb hanno denunciato agli ispettori del lavoro della direzione
territoriale di Milano e quella interregionale del Nord Ovest del
Lavoro proprio la Cgil, per la contrattualizzazione di lavoro
gratuito di alcuni addetti di Expo. La Direzione del Lavoro ha
riconosciuto la validità di un accordo sindacale tra Expo e Cgil
Cisl e Uil, depositato per il lavoro volontario, con esplicito
riferimento all’articolo 8 della legge Sacconi.
Uno degli
aspetti più innovativi ed al contempo più critici della disciplina
introdotta dall’art.8 del d.l.138/2011 a sostegno della c.d.
“contrattazione di prossimità” (territoriale o aziendale), oltre
all’attribuzione di un ambito di efficacia erga omnes - o meglio
ultra partes1 - delle specifiche intese adottate per le finalità
previste dal primo comma, per la regolazione delle materie inerenti
l’organizzazione del lavoro e la produzione specificamene indicate
nel secondo comma della norma, è senz’altro costituito dal potere
attribuito alla contrattazione di secondo livello di disciplinare
tali materie derogando, anche in peius, sia alla disciplina legale
che a quella prevista dalla contrattazione collettiva nazionale.
Il Job Act, Lg. 78/2014 ha
introdotto il limite all'utilizzo dei contratti a tempo determinato
al 20% dei dipendenti a tempo indeterminato al 1° gennaio dell'anno
di assunzione. La stessa Legge, inoltre, riconosce nella
contrattazione collettiva nazionale di categoria, la possibilità di
ampliare e/o modificare tale limite e/o criterio di calcolo. Se si
vogliono superare il limite legale, e contrattuale, ci sono i
contratti di prossimità sottoscritti dalle associazioni dei
lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale
o territoriale, strumentali al raggiungimento delle seguenti
finalità:
a) incrementare l'occupazione (ad
esempio attraverso la stipula di nuovi contratti anche "atipici"
);
b) migliorare la "qualità dei contratti di lavoro"
(ad esempio attraverso la stabilizzazione di contratti a progetto o
collaboratori occasionali);
c) introdurre forme di maggior
partecipazione dei lavoratori;
d) emersione del lavoro
irregolare;
e) incrementi di competitività (ad esempio prevedendo
aumenti salariali correlandoli ai risultati di produttività);
f)
gestione delle crisi aziendali e occupazionali (introduzioni di
strumenti alternativi di alternanza al lavoro);
g) investimenti e
avvio di nuove attività.
Gli accordi aziendali o
territoriali beneficiano della disciplina di sostegno solo nella
misura in cui abbiano per oggetto "l'organizzazione del lavoro e
della produzione con riferimento" a:
a) impianti audiovisivi e
introduzione di nuove tecnologie;
b) mansioni del lavoratore,
classificazione e inquadramento del personale;
c) contratti a
termine, contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, regime
della solidarietà negli appalti e casi di ricorso alla
somministrazione di lavoro;
d) disciplina dell'orario di
lavoro;
e) modalità di assunzione e disciplina del rapporto di
lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a
progetto e le partite IVA, la trasformazione e conversione dei
contratti di lavoro.
Si rende concreta per le parti,
la possibilità di derogare alla disciplina dei contratti a termine
di cui al Dlgs 368/01 oggi modificato dalla Lg. 78/14. In altri
termini, verificati i requisiti previsti dalla L. 148/2011, si
supponga che un'imprevista commessa richieda maggior forza lavoro,
che a sua volta, generi un incremento occupazionale. L'azienda e le
parti sociali possono legittimamente stipulare un contratto di
prossimità che gli consenta di assumere maestranze, anche a tempo
determinato, in misura maggiore del limite legale, o contrattuale ove
presente. Non solo, il potere derogatorio può elevare la durata
massima dei 36 mesi (senza eliminarlo in quanto andrebbe in contrato
con la normativa Comunitaria), o per esempio ridurre la pausa tra un
contratto a tempo determinato e l'altro. I contratti di prossimità
sono un ulteriore valido strumento di flessibilità per risolvere le
problematiche delle molteplici e diverse realtà aziendali nazionali.
Si può sottolineare
l’importanza dell’affidamento alle parti sociali di uno strumento
straordinario di de-regolazione contrattata e controllata, con il
quale viene delegato al livello di contrattazione più vicino al
posto di lavoro, ma anche più sensibile alle esigenze della
produzione, la regolamentazione di aspetti importanti del rapporto,
con la possibilità di scambiare quote di flessibilità con
incremento di livelli occupazionali e retributivi e di occasioni
partecipative. E’ evidente che un ruolo fondamentale per riempire
la riforma di contenuti positivi è riposto nel senso di
responsabilità delle parti sociali, che a fronte della estrema
duttilità e della semplicità di utilizzo della norma devono essere
in grado di svolgere un ruolo che rifugga dall’utilizzo
“patologico” della stessa, non inducendo ad un “abuso della
facoltà di deroga”, neppure per scopi utilitaristici dettati, in
tempo di crisi, dall’esiziale scelta della salvaguardia del posto
di lavoro, od imposti dal possibile ricatto occupazionale. Del resto,
come si è visto, i limiti interni di oggetto e di scopo contenuti
nella norma sono alquanto vaghi, e da soli non in grado di fungere da
faro per un corretto utilizzo della deroga alla disciplina legale o
al contratto nazionale. Più pregnanti i limiti di rango
sovranazionale e costituzionale, che attengono al livello minimo
delle tutele. Il livello minimo della tutela previdenziale, l’obbligo
contributivo, il livello minimo del trattamento retributivo
determinato dai Ccnl, la determinazione della tipologia contrattuale
sono sottratti alla possibilità di deroga, Difficile oggi il
monitoraggio delle intese di prossimità, che non sono obbligate alla
pubblicità dichiarativa attualmente limitata alle sole intese che
comportino benefici di decontribuzione o defiscalizzazione,
attualmente non previste.
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