di Edoardo Gaffeo
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25 luglio 2016 |
Lo scorso 11 luglio il Consiglio Regionale del Veneto si è
riunito in seduta straordinaria per analizzare i lavori della “Commissione
d’inchiesta sui gravi fatti riguardanti il sistema bancario in Veneto”, finalizzati
a ricostruire la dinamica del dissesto che ha contemporaneamente investito
Veneto Banca (VB) a Banca Popolare di Vicenza (BPVi). Le risultanze
dell’indagine conoscitiva e le proposte avanzate in sede di discussione si sono
dimostrate molto limitate, come era d’altro canto lecito attendersi. L’analisi
delle vicende relative alle due banche popolari venete consente tuttavia di
trarre alcune lezioni su un tema di portata più generale, vale a dire l’individuazione
di adeguati strumenti di natura prudenziale volti a prevenire l’insorgere di
crisi bancarie sistemiche.
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di Emilio Barucci, Carlo Milani
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07 luglio 2016 |
La messa in sicurezza del sistema bancario italiano è oramai
un tema inamovibile dell’agenda dei governi che si sono succeduti dallo scoppio
della crisi finanziaria. L’accordo con la Commissione Europea in merito alla
garanzia pubblica sulle emissioni di obbligazioni bancarie e il prospettato
intervento pubblico in sede di aumento di capitale per salvare il Monte dei
Paschi rappresentano gli ultimi episodi di una lunga saga.
Anche a causa della difficile situazione sul fronte del
debito pubblico, i governi Monti e Letta non hanno brillato per prontezza e lungimiranza
(basta ricordare l’ostinazione nel non voler fare la bad bank quando ancora le
regole sugli aiuti di Stato lo permettevano). Complice la più dura recessione
che l’Italia unita abbia vissuto, la ‘‘nuttata’’ non è passata.
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di Achille Flora
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06 maggio 2016 |
La proposta olandese all’Ecofin dello scorso 22 aprile di assegnare un
tetto all’esposizione delle banche in titoli sovrani o d’introdurre un grado di
rischio e, quindi, requisiti di capitale per il loro possesso da parte bancaria,
ha acceso o riflettori sul rischio insito nel possesso dei titoli pubblici.
Come dimostrato dalla crisi del debito pubblico nel 2011/12, partita dalla
Grecia ma estesasi rapidamente a Spagna, Italia e Portogallo, il rischio esiste
e si trasmette al sistema bancario proprio attraverso il possesso di titoli
sovrani.
La crisi del 2011/12 determinò una notevole elevazione dello spread tra i titoli sovrani dei Paesi
dell’Europa mediterranea e gli analoghi titoli sovrani tedeschi. Le banche
europee fecero incetta dei titoli del debito pubblico nazionale, trasferendo in
tal modo l’instabilità del settore pubblico a quello privato bancario.
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di Emilio Barucci
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06 maggio 2016 |
La scorsa settimana il Governo ha finalmente varato i
criteri per gli indennizzi dei possessori di bond subordinati di Banca Etruria,
Banca delle Marche, Cassa di Risparmio di Ferrara e di Chieti. I commentatori
si sono divisi tra coloro che gridano allo scandalo in quanto non tutti i
risparmiatori saranno indennizzati e coloro (tra questi il Presidente Renzi) che
sostengono che si sia fatto il meglio possibile. Nonostante il ritardo
accumulato, la ragione sta più con i secondi che con i primi. Vediamo perché.
Partiamo da una constatazione: è molto difficile distinguere
il risparmiatore truffato da quello incauto o ignorante che ha investito non
valutando pienamente i rischi puntando su un elevato rendimento.
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di Francesco Pastore, Mitja Stefancic
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24 febbraio 2016 |
I cambiamenti che si stanno
susseguendo sul fronte della regolamentazione bancaria a livello europeo, le
nuove norme per la garanzia dei depositi, la trasparenza e la tutela dei
risparmiatori, nonché le novità nella governance di alcune tipologie bancarie
nel nostro Paese riguardano da vicino anche il settore del credito cooperativo.
A questo proposito, possiamo attenderci importanti novità riguardanti il
governo societario delle banche di credito cooperativo (bcc) a partire dalle loro
basi giuridiche e dalla disciplina legislativa del sistema di credito
cooperativo.
Il credito cooperativo è storicamente
ben radicato nel territorio italiano. Le bcc hanno saputo sfruttare negli anni
tale radicamento e la loro vicinanza ai cittadini e alle piccole imprese,
instaurando in questo modo rapporti solidi, proficui e duraturi. Da un lato ciò
ha consentito loro di rafforzare la vicinanza con il territorio attraverso una
rete di filiali e sportelli che è cresciuta negli anni; e, dall’altro, ha
permesso alle stesse banche di registrare delle buone performance non solo
prima della crisi finanziaria, ma anche durante i primi anni della crisi (Catturani
e Stefani, 2011; Stefancic, 2014).
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di Stefano Di Colli
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24 febbraio 2016 |
Il 2015 si è
chiuso con la vicenda del decreto “salva-banche” in favore di Banca Marche, Banca
Etruria, CariFerrara e Carichieti. Sovrapponendo elementi oggettivi, elementi
ancora da valutare (le eventuali responsabilità civili e penali degli
amministratori, le eventuali omissioni di vigilanza delle autorità preposte) ed
elementi aneddotici, si è fatto passare a livello mediatico un messaggio tanto
semplice quanto non dimostrato: le banche locali (BL) sarebbero instabili, più
difficili da vigilare, con un management inadeguato e più facilmente condizionabile
da lobby locali e nazionali. Ergo, sarebbe urgente riformarle. Questo apparente
sillogismo si è insinuato nell’opinione pubblica durante la fase finale della discussione
sulla riforma delle Banche di Credito Cooperativo (BCC-CRA), in realtà in corso
già da gennaio 2015.
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di Emilio Barucci, Carlo Milani
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10 febbraio 2016 |
Dopo una trattativa durata più di un anno il Ministro Padoan ha
recentemente concluso con la Commissione Europea un accordo per il varo in
Italia di un meccanismo avente la finalità di ripulire i bilanci bancari del
gravoso peso dato dalle sofferenze bancarie. Avendo quest’ultime raggiunto i
200 miliardi di euro, a cui vanno sommati altri 150 miliardi di crediti
deteriorati, di cui una buona parte passerà nel tempo a sofferenza, l’esigenza
di un intervento su questo campo non era più rinviabile. Le sollecitazioni
giunte più volte dal Fondo Monetario Internazionale e dalla BCE, che bisogna
ricordare essere ora l’autorità di supervisione dei principali istituti bancari
dell’Area euro, testimoniano l’importanza del problema. Ma l’accordo raggiunto
risolve effettivamente il problema?
Sulla base delle informazioni diffuse dal MEF in un comunicato stampa ci sono molti dubbi al riguardo.
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di Mitja Stefancic
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21 dicembre 2015 |
Qualche mese fa si è finalmente conclusa la liquidazione coatta
della Banca di Credito di Trieste (BCT). Il percorso che ha portato alla
liquidazione è durato ben diciotto anni. Si tratta di un fallimento bancario
interessante da molti punti di vista, anche per il fatto che la BCT fungeva in
passato da pilastro portante del sistema economico della comunità slovena nel
Friuli Venezia Giulia. Dal novembre del 1996, mese in cui è stato dichiarato il
fallimento della stessa, molte cose sono cambiate sia sul fronte della
vigilanza bancaria, sia sul fronte dei rapporti politici tra l’Italia e la
vicina Slovenia. Lo stesso sistema bancario italiano è cambiato significativamente
negli ultimi tre decenni (De Bonis, 2008). Sorge dunque spontanea la domanda:
le cose si sarebbero svolte in modo differente qualora il fallimento si fosse
verificato nei giorni nostri, dato che negli ultimi anni abbiamo assistito a
molti possibili fallimenti bancari con susseguenti salvataggi, spesso
attraverso soldi pubblici?
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di Carlo Milani
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21 dicembre 2015 |
Il recente salvataggio di Banca Marche,
Popolare dell’Etruria e del Lazio, CariFerrara e CariChieti ha sollevato un
acceso dibattito tra Banca d’Italia e Commissione Europea. Quest’ultima è
accusata dalla Banca Centrale di aver ostacolato soluzioni alternative che
attraverso il Fondo di tutela dei depositi avrebbero permesso di non intaccare
le passività bancarie. Nella stessa direzione vanno anche le rimostranze
avanzate dall’Associazione Bancaria Italiana e dall’associazione che
rappresenta le Fondazioni bancarie e le casse di risparmio (ACRI).
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di Carlo Milani
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06 luglio 2015 |
Lo scorso 23 giugno il Governo
ha varato alcune misure volte a favorire la pulizia dei bilanci bancari. Gli
oltre 300 miliardi di euro di crediti dubbi che l’industria bancaria deve
gestire costituiscono un peso gravoso, tra i più alti in Europa, come
evidenziato da Ignazio Angeloni (2005), componente del Consiglio di
sorveglianza della BCE, in una recente audizione parlamentare. Sulla stessa
linea sono le evidenze riportate dal Fondo Monetario Internazionale (2015) nell’ultimo
Global Financial Stability Report.
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di Antonio Forte
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15 giugno 2015 |
Il Quantitative Easing
recentemente avviato dalla Banca Centrale Europea è stato ormai ampiamente
analizzato nelle sue caratteristiche tecniche e si è estesamente dibattuto
sugli effetti che avrà sulle variabili finanziarie e sull’economia reale.
In questo articolo si
propone una elaborazione utile a calcolare quale potrebbe essere l’impatto del
QE sul deficit italiano. Vi sono due canali principali attraverso cui l’azione
della BCE andrà ad impattare sulla finanza pubblica: il primo è ormai noto ai
più ed è la moderazione nella spesa per interessi passivi, a seguito della
riduzione nel livello dei tassi di interesse delle nuove emissioni dei titoli
di stato; il secondo, un po’ più nascosto, è la restituzione da parte
della Banca d’Italia al Tesoro di parte delle cedole pagate sui titoli
acquistati tramite il QE.
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di Mitja Stefancic
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18 maggio 2015 |
Efficienza, controllo e redditività: queste sono,
in sintesi, le parole chiave alla base delle manovre del Governo Renzi per demutualizzare
le principali banche popolari, allineandole sia alle aspettative dei mercati
finanziari internazionali sia alle loro dimensioni e crescente complessità. Il
Governo ha deciso per l’abrogazione del voto capitario nelle maggiori banche
popolari, a favore di un modello di governo societario simile a quello delle
commerciali. In riferimento ad alcune recenti analisi economiche, la suddetta
manovra appare auspicabile dal punto di vista di un maggiore controllo rispetto
alle decisioni dei manager-banchieri e, dunque, adatta per salvaguardare
l’efficienza nel perseguimento degli obiettivi delle banche. Qualora fosse
applicata indistintamente a tutte le banche popolari, essa non terrebbe però conto
della loro natura essenzialmente cooperativa. Vediamo il perché.
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